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Enrico Giovannini (ASVIS) per Towards

Enrico Giovannini

Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS), ci ha mandato un video ad hoc, non potendo essere presente la sera del 20 febbraio. È stato proiettato nel Salone Vanvitelliano per tutti gli ospiti durante l’evento, durante i saluti inaugurali.

Papa Francesco si è rivolto ai giovani (attenzione! Non solo quelli anagraficamente giovani ma quelli giovani di mente e cuore), spronandoli ad avere una risposta forte di fronte all’esigenza di pensare ad un’economia diversa.

Qual è la caratteristica dei giovani?
Quella di credere e impegnarsi per cambiare il mondo.

La proiezione durante l’evento
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Intervista a Padre Enzo Fortunato

Padre Enzo Fortunato

Non abbiamo bisogno di eroi ma di una squadra che, preso atto dell’emergenza climatica, si assume le proprie responsabilità e collabora per una finalità comune: la salvaguardia di Nostra Madre Terra.

Padre Enzo Fortunato è direttore della Sala Stampa Sacro Convento di Assisi e del mensile San Francesco. È uno dei firmatari del Manifesto “Un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica” promosso da Symbola e presentato il 24 gennaio 2020 presso il Sacro Convento di San Francesco ad Assisi.

Quali sono le ragioni che l’hanno portata a promuovere il manifesto di Symbola per un’economia rinnovata, a misura d’uomo e contro la crisi climatica? 

Il Manifesto di Assisi rappresenta una svolta epocale, di tipo economico e ambientale, ma anche culturale e spirituale. È la prima volta che l’Italia, non come singole realtà ma come Paese intero, si pone un obiettivo, insieme. Questo è un  cambio di passo di tipo culturale, dobbiamo capire che non abbiamo bisogno di eroi, ma di una squadra che, preso atto dell’emergenza climatica, si assume le proprie responsabilità e collabora per una finalità comune: la salvaguardia di Nostra Madre Terra. Una svolta che però è anche spirituale, perché è l’esempio di San Francesco a guidare le migliori forze di questo Paese, anche sul solco tracciato da Papa Francesco nella Laudato Si’, con la sua visione di ecologia integrale. Dobbiamo instaurare una relazione con quello che ci circonda. Basta con la cultura dell’usa e getta. La relazione che vuole San Francesco d’Assisi ce la insegna nel Cantico delle Creature: fratello e sorella, è una forte responsabilità, quella di sentire le cose come consanguinee.

Cosa si auspica dalla presentazione di questo manifesto e dagli incontro dei suoi firmatari che ne scaturiranno?

Si tratta di un impegno serio, onesto, animato dalla rettitudine di quello che vogliamo portare a termine. Quando c’è di mezzo San Francesco non dobbiamo scherzare. Ci sono degli obiettivi concreti, come l’azzeramento del contributo netto di emissione dei gas serra entro il 2050. Una sfida importante ma al tempo stesso necessaria, che può essere vinta attraverso politiche serie e lungimiranti. La crisi climatica può essere – citando il Manifesto – l’occasione per mettere in movimento il nostro Paese in nome di un futuro comune e migliore.
Ai partecipanti e firmatari diamo un Tau dal colore verde, che rappresenta una sintesi non solo della Laudato Si’ ma anche del Cantico delle Creature. Abbiamo bisogno di uno scatto di responsabilità. Prendendo spunto dalle parole di San Francesco: “Io ho fatto la mia parte”. Ora tocca a Noi.

Come potrebbe descrivere il legame tra l’iniziativa di Economy Of Francesco che si sta organizzando ad Assisi per marzo di quest’anno e il pensiero di San Francesco d’Assisi?

San Francesco d’Assisi, col suo spirito ribelle, diede vita a una società circolare. Furono i suoi seguaci, i francescani del XV secolo, a fondare i primi monti di pietà e monti frumentari, con prestiti senza tassi di interesse, in sostegno ai più poveri. Il nostro Pontefice, Papa Bergoglio, ha scelto il nome di Francesco non a caso: per non dimenticarsi degli ultimi. “The Economy of Francesco”, nella nostra visione, sarà un pilastro fondamentale di questo pontificato: un appello affinché i giovani, protagonisti dell’accademia e dell’economia, prendano in mano il futuro dell’umanità e del pianeta. Un motto, tutto francescano, ci guiderà: “Va’ e ripara”.

Cosa si aspetta dalla realizzazione di un evento quale The Economy of Francesco e quali conseguenze potrebbe avere all’interno della società di oggi?

Un risveglio, una presa di coscienza. I giovani – penso al movimento Fridays For Future – negli ultimi mesi hanno dato più volte dimostrazione di essere consapevoli di quali siano le sfide che come esseri umani abbiamo davanti. The Economy of Francesco può essere un passo decisivo verso la costituzione di un nuovo modello economico, politico, sociale, culturale. Dalle imprese, dalle università e dalle altre esperienze di innovazione sociale può nascere un’economia più giusta, fraterna e sostenibile, con un nuovo protagonismo di chi oggi è escluso.

Quali sono, secondo la Sua opinione, le risposte che le istituzioni dovrebbero dare per sostenere le esperienze di economia civile nate dal basso?

Le istituzioni devono rispondere con atteggiamento intelligente, di curiosità, vicinanza e sostegno. È così che i buoni esempi che nascono dal basso possono diventare pratiche condivise. Per quello che abbiamo potuto recepire dagli operatori del settore, serve che il sistema fornisca gli strumenti utili a rendere l’economia civile da teoria a realtà. Così che le diverse esperienze nate da basso diventino pratiche sempre più popolari, che cioè incidano effettivamente sulla vita della gente. Le istituzioni possono fare molto in questo senso, a sostegno di progetti virtuosi di economia circolare e sociale. Anche la Chiesa – e papa Francesco si muove in questa direzione – può diventare un attore decisivo nel sostenere queste attività. Chissà che proprio The Economy of Francesco non possa essere un ulteriore passo in questa direzione.

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Riflessioni di Economia Civile

Beatrice Cerrino

Beatrice Cerrino è insegnante di Economia e Diritto nella Scuola Secondaria di secondo grado. Collabora con la Scuola di Economia Civile, di cui è referente per il settore Scuola, e attualmente sta svolgendo un Dottorato di ricerca presso l’Istituto Universitario Sophia per approntare strumenti didattici volti a far conoscere l’Economia Civile nelle scuole. È anche parte del team organizzatore di Economy Of Francesco e assistente del Professor Luigino Bruni.

Ritiene che si possa non solo immaginare ma anche implementare un nuovo paradigma economico – quale quello dell’economia civile per esempio – al riparo dalle logiche di profitto e crescita senza limiti? Se sì, come lo si potrebbe tutelare dalle resistenze e soprattutto dalle mire del sistema economico capitalista? 

In pochi anni abbiamo subito un cambiamento epocale, ad una velocità straordinaria, ma le categorie di pensiero, i sistemi di lavoro, cambiano molto più lentamente e questo contrasto produce la crisi. Quindi dobbiamo lavorare molto di più a livello culturale, scientifico e di ricerca, perché – come ha detto Papa Francesco – oggi il mondo soffre per la mancanza di un pensiero che sia adeguato ai tempi. Solo se riusciremo a concentrare gli sforzi di molti in molti punti e in un arco di tempo sufficiente per produrre un cambiamento innanzitutto di tipo culturale allora riusciremo a creare un terreno fertile ed accogliente per nuovi paradigmi, anche economici. Lo sforzo che stiamo facendo come Scuola di Economia Civile va proprio in questa direzione: Civile è l’aggettivo che Antonio Genovesi, economista del Settecento napoletano, di grande ingegno, sceglie per il titolo della opera “Lezioni di Commercio o di Economia Civile”. Civile dà il nome alla prima cattedra di economia al mondo, proprio a Napoli, in lingua italiana. Una tradizione continentale e latina che si riannoda alle radici di quella fiducia che vede nel mercato un luogo di relazione, prima che un campo di scambi astratti. L’economia civile nasce da qui: da un’idea di cooperazione che ha come orizzonte la felicità pubblica. 

Nel processo di umanizzazione dell’economia, quali sono secondo Lei gli elementi chiave da cui non possiamo né dobbiamo prescindere come società? 

Solo quando avremo consolidato una cultura radicata nel benessere di una collettività che abbraccia tutti i singoli nessuno escluso, che celebra la bellezza, che protegge e custodisce i beni comuni, che sia in grado di dare valore al contributo di ciascun individuo come parte essenziale ed imprescindibile della società, solo allora saremo in grado di affermare i bisogni  veri e profondi della società che a loro volta saranno in grado di modellare quelli dell’economia e non viceversa. Solo allora il sistema economico capitalista, ormai depotenziato e mistificato, non avrà più la forza di reagire.   Molti sono ancora convinti che il capitalismo è il sistema migliore da mettere in atto anche perché consente a 7 miliardi di persone di sopravvivere a fronte dei 4 miliardi stimati 30 anni fa. E questo grazie anche alla Cina e all’India. Detto questo, bisogna però anche aggiungere che è vero che siamo entrati nella zona Cesarini del pianeta e che abbiamo pochissimi minuti ancora nell’ottica dei tempi. Ma non saranno i potenti a salvarci. Saranno i bambini, la gente, sarà tutta la “voce” dal basso, ed ecco il senso della convocazione dei giovani ad Assisi da parte di Papa Francesco. Noi ad Assisi puntiamo sui giovani perché se vogliamo sperare, dobbiamo sperare con loro. Assisi nasce con i giovani, nasce dall’idea del Papa di parlare a chi si sta formando oggi per una economia di domani, a persone che hanno ancora una capacità e una disponibilità al cambiamento. E poi Assisi sarà un luogo dove i giovani saranno ascoltati. Il premio Nobel Yunus mi ha detto: “Verrò per ascoltare perché voglio sentire cosa c’è di nuovo nel mondo dell’economia e dei giovani”.

Immaginando che tutto il mondo sia disposto a contrastare la crisi climatica, quali priorità ci si dovrebbe dare per arrivare ad una soluzione duratura? 

Oggi occuparsi di ambiente e (quindi anche) di territorio non può prescindere da un’attenzione verso questioni di povertà, di welfare o di salute. E allo stesso tempo la tutela dei luoghi non può prescindere dalle necessità dell’uomo. La gravità delle crisi ambientali e sociali, le devastazioni del patrimonio naturale, la banalità del male di tante decisioni riguardanti il territorio, la mancanza di prevenzione, l’assenza di controlli, la noncuranza del rischio e della fragilità degli ecosistemi, il non rispetto delle regole, richiedono una presa di posizione più forte che solo un nuovo tipo di umanità può assumere. E’ proprio di ieri la notizia che anche  a Davos i grandi della Terra hanno messo al centro delle discussioni il tema ambientale, una scelta ovvia, visto che la questione ambientale è il tema del momento e non potevano non parlarne. Tu inviti i potenti della terra. Loro accettano l’invito, fanno le foto di rito, partecipano alle riunioni. Ma poi rimane tutto lì. Questi top manager non si commuovono perché vedono il pinguino morire o il ghiacciaio sciogliersi o l’Australia andare in fiamme. Questi hanno bilanci trimestrali da rispettare e se non li rispettano li licenziano. Questo è un mondo che ha le sue leggi. Non possiamo essere così ingenui da pensare che si possono commuovere e cambiare vita. L’unica speranza vera e importante per il pianeta è la parte che i cittadini possono svolgere. Sarà una reazione del popolo a costringere le aziende e i sistemi economici a cambiare. Il mestiere delle imprese è vendere e se la richiesta cambia, loro necessariamente devono adattare l’offerta al cambiamento dei comportamenti e delle scelte dei consumatori.